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5 cose che oggi sono chiare sul COVID-19

A distanza di un anno dalla comparsa dei primi casi di Coronavirus nel continente europeo

Oggi, grazie ai numerosi studi scientifici emersi in questi mesi possiamo fare un punto della situazione sulle 5 cose che oggi sono chiare sul COVID-19.

N.B. Questo articolo è stato realizzato tralasciando pensieri personali e faziosi, ma unendo semplicemente tutti i dati certi sul Coronavirus per fornire un punto di vista quanto più soggettivo possibile sulla situazione che stiamo vivendo.

Senza aspettare oltre scopriamo insieme le cose che ad oggi sono chiare sul COVID-19.

1. Modalità di trasmissione

La principale modalità di trasmissione di questo coronavirus è attraverso le goccioline e gli aerosol ad alta concentrazione.

Si verifica quando una persona infetta tossisce o stranutisce vicino ad altre persone e, quest’ultime, ingerisco o inalano le goccioline prodotte.

Modalità di trasmissione

2. Le infezioni asintomatiche hanno la stessa infettività delle infezioni sintomatiche

Uno studio britannico ha evidenziato che un paziente di 53 anni con un’infezione asintomatica da COVID-19 può causare 11 infezioni.

Un altro rapporto ha evidenziato che una persona asintomatica che ha vissuto 19 giorni dall’infezione (prima della conferma) senza isolarsi potrebbe aver infettato 5 persone.

Questi che hai appena letto sono soltanto due dei tanti casi registrati, quello che però tutti confermano è che gli asintomatici possono svolgere un ruolo di rilievo nella trasmissione del coronavirus e quindi rappresentare un’ulteriore sfida per il controllo delle infezioni.

3. Solo tracciando gli asintomatici si chiarirà il potenziale epidemiologico di COVID-19

La sfida è molto ardua, ma è l’unica via per comprendere la vera diffusione e universalità della malattia.

Purtroppo esistono sì molti studi sull’incidenza delle infezioni asintomatiche, ma ogni studio ha i suoi limiti.

Innanzitutto, a causa dell’insufficiente consapevolezza delle infezioni asintomatiche e delle limitate capacità di rilevamento nella fase iniziale dell’epidemia, pensa che si stima che l’1,6% della popolazione cinese potrebbe essere stata asintomatica e ahimè il dato è di molto sottostimato.

Solo tracciando gli asintomatici si chiarirà il potenziale epidemiologico di COVID-19

Al contrario, un altro studio ha indagato su 565 cittadini giapponesi evacuati da Wuhan alla fine di gennaio e ha rilevato che l’incidenza di infezioni asintomatiche era addirittura del 30,8%.

Un altro esempio è la nave da crociera “Diamond Princess”, che è stata isolata nelle acque giapponesi all’inizio di febbraio a causa dell’infezione da COVID-19 che ha rilevato che l’incidenza delle infezioni asintomatiche era salita al 51,7%.

Alcuni ricercatori hanno suggerito che i due studi che hai appena letto hanno sovrastimato l’incidenza, ma in realtà il dato certo è che: una persona ha davvero un rischio più elevato se ha stretto contatto con persone infette diagnosticate o sospette in uno spazio relativamente ristretto.

4. Nessun test diagnostico ha una sensibilità e una specificità del 100%

Esistono oltre 800 test diagnostici, più di 250 dei quali sono cosiddetti test rapidi che richiedono meno di 30 minuti per generare il risultato.

Anche se l’uso di test immunologici presso il point of care (POC) resta universalmente accettato come parte della strategia di controllo della diffusione del virus nessun test garantisce una sensibilità e specificità del 100%.

Questo fatto deve essere sempre preso in considerazione quando i risultati diagnostici vengono tradotti nella pratica clinica (es. quando ci si trova davanti ad un paziente che manifesta sintomi, ma che dai test diagnostici risulta negativo al coronavirus).

Il motivo di questo è che non esiste un gold standard chiaro per i test disponibili per un patogeno noto solo da un anno.

La specificità analitica di un test COVID-19 molecolare è la sua capacità di ricercare esclusivamente misurazioni circoscritte fuori bersaglio escludendo in modo prioritario le altre.

5. Perché esistono grossi limiti negli studi di convalida dei test diagnostici COVID-19

In generale, i limiti di molti degli studi di convalida pubblicati sui test diagnostici COVID-19 sono: il basso numero di campioni, le differenze nei processi di raccolta, conservazione ed elaborazione dei campioni prima dei test diagnostici (bias preanalitico) e la mancanza di convalida da parte di terze parti indipendenti.

Tutti gli studi sono stati eseguiti utilizzando parametri clinici dispersi, una caratteristica che ostacola anche lo sviluppo di test diagnostici durante precedenti epidemie di coronavirus.

In conclusione

Oggi abbiamo analizzato 5 cose che oggi sono chiare sul COVID-19 a distanza di un anno dall’avvento della pandemia.

Siamo andati ad analizzare insieme studi e ricerche scientifiche per poterti dare un punto di vista quanto più oggettivo possibile perché in questo universo di informazioni ci siamo resi conto che diventa sempre più difficile differenziare i dati certi dalle interpretazioni o, addirittura, dalle fake news.


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